Mad Men – Recensione 7×14 – Person to Person [Series Finale]

Le serie tv ti insegnano tanto della vita. Come una volta lessi in giro per il web: “non ditemi che vivo di meno perché vedo le serie tv, perché io vivo ogni giorno la vita di mille persone”. Se questa frase è vera, è ancora più vero che una serie con una potenza tale da star stretta nella parola capolavoro proprio come Mad Men ci ha fatto vivere per ben 8 anni la vita di noi stessi attraverso quella di tantissime belle persone. Quello che abbiamo visto in queste lunghe sette stagioni siamo noi, rispecchiati in Don, Peggy, Joan, Roger, Sally, Betty, Peter, Harry, Ken, Cooper, Price, Megan, ogni segretaria, Anne, e tantissimi altri personaggi che hanno fatto più volte comparsa nelle scene di Mad Men e, quindi, nella nostra vita. Questa serie ci racconta gli anni 60 in maniera egregiamente eccezionale, ci racconta come la nostra vita può prendere strade inaspettate, ci insegna come dal passato puoi fuggire o puoi imparare a diventare più forte, ci insegna come a volte la felicità è sempre stata davanti a noi e siamo stati troppo a lungo ciechi per vederla. Questa serie racconta di me e di te: Person to Person.

Don Draper/Dick Withman, il nostro protragonista, il centro di tutta la storia. La sua esteriorità, un uomo così avvenente e risoluto, non ha mai combaciato con il tormento che ferveva dentro. Nonostante i piccoli e grandi momenti di sfogo di cui siamo stati testimoni nel corso delle stagioni, Don non riusciva a liberarsi di certi fardelli, non capiva bene e non riusciva a fuggire da ciò che lo perseguitava. Eppure lì, in quel posto sperduto, dove nessuno sa chi è, tre chiamate alle donne che più hanno significato qualcosa per lui, una la figlia ormai più adulta di lui, un’altra la bellissima ed eterna compagna di vita, l’ultima la vera amica a cui tanto ha dato e da cui tanto ha ricevuto. Poche parole, ma significative, ci danno il senso di quanto questi rapporti personali non siano mai stati scalfiti dal tempo o dalla lontananza. Ci ricordano come i rapporti veri resistono ad ogni intemperie. In quel posto, durante quel viaggio, l’attrito con altre persone problematiche tanto o più di lui mettono Don in crisi al momento del confronto, vediamo un Don annaspante nei suoi dolori come forse mai prima d’ora, messo alle spalle al muro riguardo ai suoi vizi da Stephanie. Lei, infatti, lo mette in guardia sulla sua personale situazione di alcolizzata in cerca di disintossicazione e nel trascinarlo con sé in quel ritiro, in realtà, porta anche lui a disintossicarsi affrontando tutte le fasi di quel dolore.

– People just come and go, and no one says goodbye.

– I’m sorry but people may come and go as they please.

Gli addii sono proprio ciò a cui Don si sta attaccando, ciò che per lui sono una prova di affetto, una prova che lui abbia fatto qualcosa di quel nome che anni fa ha rubato quasi per caso fortuito. Don sta attraversando una crisi esistenziale, vede tutto nero e nulla di buono nel suo percorso, ma solo dolori e rimpianti, inclusa la figlia. Nel pilot vedevamo un Don risoluto, pieno di sorprese e a cavallo dell’onda, agiato in una vita tra la città smodata e una famiglia dove ha una moglie che lo ama ciecamente. Don Draper era qualcuno allora. Ora, 10 anni dopo, Don non vede più il valore che su quel nome ha costruito, ma lo vede vuoto, sporco. (I broke all my vows. I scandalized my child. I took another man’s name and made nothing of it). Quell’orribile dolore, quell’orribile istinto che lo ha spinto a fare cose tremende lo perseguita e non trova modo di far pace con tutto ciò che ha passato. Solo questo lungo viaggio lontano da se stesso, così lontano da riuscire a vedersi fuori dal suo corpo, in quell’uomo qualunque così diverso eppure così simile. Un abbraccio insensato, un pianto liberatorio sono la chiave per riprendere la risalita. Don prosegue il suo percorso di purificazione dai tanti vizi, mentali e non, che ha adottato nel corso del tempo e poi, d’improvviso, un sorriso.

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Sorriso beffardo per chi, come Weiner vuole suggerire, ha trovato l’ennesima intramontabile idea pubblicitaria, di chi non ha mai abbandonato ciò che veramente è, ossia un uomo che vende per sua natura, che ha in realtà intrapreso un viaggio partendo da quell’aereo visto dalla finestra della McCannErickson, luogo sterile dove non riusciva a trovare ispirazione. Un uomo che è, in realtà, partito per la ricerca di un’idea e poi si è per caso trovato a viaggiare per ritrovare se stesso, oltre la dipendenza dal successo, dagli affetti, dal sesso, dall’alcool.  Altri, forse un po’ più ben pensanti degli altri, vedono in quel sorriso quello di un uomo che in quell’om che tanto ricorrerà negli anni 70 (devo ricordarvi Jara Guru Deva Om dei Beatles?) ha trovato la vera pace interiore, ha trovato l’equilibrio per amare e farsi amare, ha trovato il modo di dire addio a Betty, di dire addio alla sua piccola Sally ormai adulta, di dire addio a quei figli che sono sicuramente più di Henry che suoi.

Si dica quel che si dica, Weiner è magistrale nel chiudere una serie così ricca: in quest’ultima stagione ha inserito più o meno in maniera sottile tutti i richiami possibili a quegli anni, a quei precisi anni e mesi, dando la prova di un fantastico lavoro di recupero di ciò che girava nell’aria, nelle teste, nelle case e sui giornali in quei periodi. Un continuo richiamo che non può farci ricordare come il pilot, pieno 1960, parta con un uomo ed il suo old fashioned, un cameriere di colore maltrattato e la presentazione delle “nuove tecnologie” come la macchina da scrivere. I punti di connessione con il pilot sono tantissimi, sicuramente per marcare ancora di più che questa serie ha sì un finale aperto, ma che è una serie autoconclusiva e circolare: Don nel pilot ha una delle sue idee più brillanti per salvare la Lucky Strike da una possibile crisi; a proposito di sigarette, una lunga scena parla di quanto loro siano pericolose soprattutto in relazione al tumore ai polmoni; Peggy è la nuova arrivata e per la prima volta qualcuno le fa una confessione d’amore; Peggy stringe la mano ad un Don abbattuto, ma viene respinta; Don parla della felicità dipingendola come il classico sogno americano anni ’60 (“il profumo di una macchina nuova”); ancora, la Menken, uno dei mille volti di donna che hanno letto oltre la maschera di Don, è la prima che cerca di superare quel muro che Don ha creato. In riflesso, in questo series finale Don – presumibilmente – dà vita allo spot Coca Cola che segnerà il significato di felicità per gli anni ’70 a venire; Betty è malata mortalmente di cancro ai polmoni quasi sicuramente per via delle sue iconiche sigarette sempre in mano; Peggy è di nuovo in qualche modo la nuova arrivata, Joan cerca di guidarla verso altro, ed anche qui riceve una bellissima dichiarazione d’amore; Peggy stringe virtualmente la mano al Don piangente e questa volta non viene respinta; una donna qualunque prende Don e lo porta lì dove potrà incontrare faccia a faccia la verità su se stesso, per bocca di un uomo qualunque.

Weiner riesce a dare un chiusura proprio a tutti: da Kosgrove, che non smetterà mai di essere ambizioso e sarà sempre più lontano da ciò che inizialmente erano i suoi sogni, a Pete, che ritorna alla famiglia e ai sogni di una vita perfetta con una compagnia che la storia ci racconta quanto meteora sarà, e infine Roger, che in questa terza donna trova una compagna perfetta per gli ultimi anni della sua vita, tra litigi e cacciate dal letto e grasse risate in un bar.

Peggy ottiene tutto quello che ha sin dal primo episodio desiderato: l’equo riconoscimento di Joan come sua pari, entrambe belle donne di successo perfette per fare affari insieme, l’ammissione anche sottintesa che Don avrà sempre bisogno di lei, un uomo che la ami e la conosca meglio di quanto lei conosca se stessa. Finalmente Peggy potrà costruire qualcosa, avere una famiglia sua come ha sempre voluto. E non le serve di certo cercare soddisfazione personale in avventure imprenditoriali, perché sappiamo tutti benissimo come a Peggy piaccia star comoda nel suo ufficio. Mi mancherai sorriso bellissimo.

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Joan, dopo l’ennesimo uomo che si allontana da lei, intimorito dal suo spirito di iniziativa e dalla sua autonomia, inizia la sua impresa. Inizia da sola ad essere il capo di se stessa, senza nessun uomo o donna che la giudichi per il suo aspetto e decida di conseguenza. Sarà lei stessa a sfruttare la sua prestanza fisica per ottenere solo più lavoro e più potere. E per farlo utilizza uno stratagemma per fregarli proprio tutti: utilizza il suo cognome da sposata e quello da nubile, in fondo:

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Don Draper, Peggy Olson e Joan Holloway sono stati il mio specchio e dei miei modelli per molti di questi anni. Miei mentori ed allo stesso tempo miei figli, che ho visto crescere e cambiare. Amici. Dover pagare loro quest’ultimo omaggio mi spezza il cuore. Tutto quello che è questa serie è un’inno alla felicità, alla vita e, da un punto di vista esterno alla vicenda in sé, un inno alla bellezza. I direttori, gli addetti al montaggio, gli attori, i costumisti e più in generale chiunque abbia lavorato a questa serie è un esteta, ha visto il bello ed ha saputo riprodurlo. Mad Men è un prodotto televisivo che ha segnato la storia, una pietra miliare con la quale il confronto sarà perpetuo per i posteri.

Note Sparse:

+ Due parole in memoria della segretaria di Don Draper, personaggio a cui gli autori hanno regalato una fantastica evoluzione, così da farla “cadere sempre in piedi”.

+ Per tutti i fan di Go On, vedere Mister K nudo non è certo novità!

+ Complimenti alla signora che spinge Don, chi non voleva essere lei e richiamarlo a ciò che si trovava davanti?

+ Stephanie, bellissima e bravissima attrice che ha saputo aprire gli occhi a Don riguardo il suo male di vivere.

+ Magnifico il commiato ai tre figli di Don, con tanti simboli degli anni 70 e con una bella interazione tra i tre fratelli che tanto ci mancavano. I tre Draper sono cresciuti delle bellissime persone, e Sally è il bellissimo fiore di tutto il cast.

+ Betty è diventata così altruista da farci dimenticare ciò che è stata. Evoluzione 120%

Vi invito a passare dalla sempre fornitissima pagina di Mad Men Italy nei momenti di più grande nostalgia!

Vi lascio con questo video tenerissimo e pieno di risate! Se non piangete vedendo Jon Hamm e January Jones ballare in quel modo siete proprio delle brutte persone, Addio!

About Memory717

Ama definirsi “just a small town boy”, richiamando un po’ alla memoria una vecchia canzone dei Journey (se state già pensando a Glee c’avete azzeccato). Oltre ad essere un Gleek (almeno fino alla terza stagione, ci tiene a precisare), è addicted to Grey’s Anatomy, serie che, a suo dire, gli ha cambiato la vita, nonostante la recente degenerazione dello show di Shonda. Da un'iniziale selezione precisa dei generi di telefilm da accettare è passato a vedere la qualunque e anche di più! Ha sviluppato una grandissima passione per le serie tv che sanno far ridere con metodi e tecniche registiche alternative ai tipici canoni stereotipati modello "Friends" o "Famiglia Bradford", ed è sempre alla ricerca di comedy da divorare tra una pausa studio e un'altra. Oltre le comedy, ha scoperto che del trash si può ridere tantissimo - non toglietegli Pretty Little Liars, - ma sa anche apprezzare serie di una qualità superiore alle altre ( Mad Men, VEEP, Orange is the New Black, True Detective, Breaking Bad, Game Of Thrones, Downton Abbey, Banshee, Parks & Recreation, Community, Homeland).

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2 comments

  1. Che bella recensione, Andrea *_____*
    Bravo! Io ho finito di recuperarlo solo oggi Mad Men, mi sono sparata tra il fine settimana e oggi, l’ultima parte di stagione. Che dire? Un capolavoro.

    Betty e Don <3 Stan e Peggy <3 Posso morire felice! xD

  2. Goodbye Mad Men,ci mancherai tantissimo…credo proprio che per me rimarrai sempre la miglior serie mai creata <3

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